Fino a diventare uomini

Lo sente.
Lo sente che il suo sguardo non sarà più lo stesso d’ora in avanti.
Nemmeno le future fotografie potranno nascondere quel nuovo sguardo che Claudio si sente dipinto sulle pupille.
Il sole è caldo, come può esserlo in Agosto nella bassa bresciana, un forno organico di terra e asfalto, un spazio che ti segna fin da piccolo, ti abitua al sudore che scende dalla fronte, giù negli occhi, che bruciano e li devi continuamente asciugare; non ti abitua però a ciò che è successo poco fa a Claudio, qualcosa che non capita spesso ad un ragazzo di quattordici anni.

Cammina di ritorno dal fiume, zoppicando e sopportando un tremore leggero ma costante che gli scuote i nervi non ancora maturi, non ancora pronti a un’interruzione di serenità.
Pensa a suo padre, solo a suo padre e al calore che gli stamperà sulla guancia con una sberla delle sue, lui che ha un’apertura alare da uccello mitologico, di quelli visti sull’enciclopedia regalata da sua madre qualche anno prima; sberla che farà partire appena il ragazzo varcherà la soglia di casa e solo dopo, forse, vorrà sentire ragioni.
Ma Claudio una ragione ce l’ha, eccome. È un segreto così grande ed eccitante che lo fa sentire adulto e che ridimensiona la terra sotto i piedi, il paese dove vive, il mondo intero; così eccitante da rendere più attraente la concezione del tempo, così pauroso da far girare la testa e da tagliare il fiato; così speciale che, non tenerselo dentro, quasi svuota la sensazione di potenza che procura.
La strada verso casa sembra infinita ma gli dà la possibilità di ripensare a ciò che ha visto e a che versione dei fatti raccontare.
Nonostante il cuore batta come un tamburo riesce a prendere in considerazione l’idea di non raccontare niente a nessuno, di seppellire ogni dettaglio che gli passa davanti agli occhi e di prendersi una punizione, gratuita. Il mio grande segreto, si ripete, al ritmo del passo claudicante.
Pensa che se suo padre lo vuole punire senza prima lasciarlo parlare, allora non merita di saperlo. Essere uscito di casa infrangendo la punizione dovrebbe passare in secondo piano. Sua madre però….scaccia il pensiero….può mantenere il segreto, ora, con il mondo sotto i piedi così piccolo e nelle sue mani, ce la può fare.
L’orizzonte cola aria rovente, ancor più di quella che sta respirando in questo momento, l’estate è spietata come sempre qui.
Pensa Claudio, pensa. Questo che hai visto, li batte tutti. Batte la prima sigaretta nel garage del padre di Giulio e batte anche la prima sega, in montagna, lontano dal sentiero battuto da papà, mamma e gli zii; batte persino la prima visione della fica, quella della sorella di Andrea, ventenne, carina e furba; nel sottoscala di casa, per qualche euro rubato dal portamonete di mamma, vista di sfuggita perché non ancora svelto a cogliere l’occasione di una gonna alzata e riabbassata in fretta, per succhiare altri euro.
Se lo racconta a tutti i suoi amici li straccia tutti, li lascia lì a rodersi il culo, a sclerare; gli fa scoppiare i piedi nelle scarpe, come dice suo padre a volte e non sa del tutto cosa intenda ma suona tanto bene.
Infrangerebbe il segreto anche solo per vedere la faccia che farebbe Athos.
Con questa amico mio, ti smerdo fino al collo. Non la batti più, per tutta la tua stupida vita.
Sta abbandonando la zona dell’argine del Mella e cammina sul sentiero che lo riporta in paese e continua a pensare a quello che ha visto sul fiume, dove svolta dietro una serie di alberi bassi che non sa come si chiamino.
Dopo la curva c’è un isolotto di sabbia dura in mezzo al letto del Mella.
L’ha visto subito, ancor prima di saltare sul pezzo di terra separato dall’argine che quel corpo sdraiato pancia all’aria non sta prendendo il sole.
Si avvicina, si sfrega gli occhi per asciugare il sudore colato dalla fronte, usando prima le mani, poi la maglietta sfilata dalle braghe. Si guarda intorno, torna a guardare il corpo immobile, sfiorato da una leggerissima brezza d’aria che da queste parti la si trova solo sul fiume, un pò odorante di letame, quel puzzo caldo e penetrante che intasa le narici e senza pensare gli molla un calcetto alla coscia sinistra. Niente. Immobile. Nel petto, le detonazioni crescono sempre più, il respiro poi si ferma per alcuni secondi quando i suoi occhi incrociano quelli spenti del signor Moretti. Ripartono le detonazioni. La gola si riempie di saliva quasi solida.
Il macellaio. Un colorito pallido, gli occhi quasi completamente aperti rivolti al cielo, soffocante, e un piccolo buco rosso nella fronte; un rivolo di sangue secco sulla tempia, un corpo floscio, in mutande sporche di fango, come le mani.
Altri due calci sul fianco della pancia, poi un altro, non reagisce più, così grosso, così molle e così insignificante.
Lo chiama.
Signor Moretti?
Più niente.
Il paese è sempre più vicino, la realtà sta per investirlo in piena faccia alzando ulteriormente la temperatura della pelle della faccia , che è già accaldata, quasi febbricitante.
Pensa che se non racconterà nulla, quella sensazione di grandezza che prova resterà in piedi, potente e sa che deve solo evitare gli occhi dolci di sua madre almeno per qualche ora per poter sperare di mantenere per sé l’intima confidenza. Poi è pronto per la punizione di suo padre.
(Un racconto di qualche tempo fa, pubblicato sulla pagina FB di ‘Leggo ciò che voglio’)

Casa mia non brucerà mai ⎢ L’intrusa [2 di 2]

E io chiesi a quella deliziosa creatura

si, proprio cosi, si, proprio cosi

se voleva passeggiare un pò con me

in quella notte così breve.

( Nick Cave )

La trovo sdraiata sul letto, a piedi nudi, magri, è bella, di una potenza che riempie la casa come poliuretano espanso e il suo respiro svolazza attorno al mio corpo, sbilanciandolo verso il letto.Il senso di protezione che ho avuto fino a quel momento è niente in confronto a come mi fa sentire ora lei, un senso di dolce abbandono sicuro.Crolla ogni difesa, ogni porta si apre completamente e il respiro si riempie di vaniglia e aria estiva.Entro dentro lei, completamente e giro in circolo, mi sento sollevare dal materasso, in assenza di gravità.

Ogni cosa perde importanza, il cibo, i libri, le parole e la loro forza straordinaria, per un attimo, nella mia vita, esiste solo lei che, mi fa sentire quanto è bello e pericoloso tornare a sbilanciarsi verso il vuoto e respirare il buio e godere della sua bellezza massima.

So che dura poco, va sempre a finire così ma è stramaledettamente calda e acuta.Quando mi alzo per sciacquarmi la faccia e asciugarmi dal sudore, la luce nei suoi occhi è ancora viva.Quando torno trovo solo il suo profumo a mezz’aria che mi scivola nelle narici e il ricordo del sapore della sua saliva intristisce per un attimo.

Decido di aprire una bottiglia di rosso di Montalcino da sorseggiare mentre, seduto dove di solito si siede lei, sfoglio pagine di prosa andalusa restando colpito dalle parole di Lorca (1).Al sorgere del sole m’addormento seduto con la nuca appoggiata al letto e le gambe incrociate come ho visto in alcune illustrazioni di pose spirituali e religiose su una vecchia enciclopedia acquistata su internet.Quando mi sveglio è già quasi sera e penso che qualcosa è cambiato nelle ultime ore, il quadro generale non è più lo stesso e non so se prenderla come una novità buona o un colpo alle mie convinzioni.Cerco tra gli scaffali una risposta e mi bevo un caffè doppio seguito da una sigaretta.Non la trovo la risposta, ovviamente, mi sposto per la casa e sento che stasera l’intrusa non verrà.Sento che non verrà più.

Per qualche giorno ho vissuto in un ristretto perimetro di casa utilizzando solo il bagno e il divano, senza aprire un libro ma sopratutto senza accendere la mia diffusione musicale.Senza toccare cibo e bevendo a canna Grand Marnier.Ho cercato poi di reagire prendendomi cura della mia Maranta (2).Può sembrare superfluo ma il drenaggio della Maranta deve essere perfetto perchè ristagni d’acqua a volte possono essere letali per la pianta. Vuole una luce diffusa e non molto intensa.Avevo bisogno di qualcosa con cui distrarmi da quella dannata finestra semi aperta, dal quale non arrivava più l’intrusa ma il ragnetto rosso si, grande meno di mezzo millimetro, letale per la Maranta.Ce ne potevano passare a milioni, penso.Oltre a questa pianta ce n’era un’altra, anch’essa brasiliana, in salotto,la Bilbergia (3).Mi prendevo cura di due brasiliane, ecco.Mi sembrava di vivere in un castello di carte sull’orlo della caduta, però.

Ancora oggi non so cosa mi sia successo in quei giorni dopo la scomparsa dell’intrusa, dopo il vuoto che ha lasciato tra i miei muri e sopratutto non so il perché il suo arrivo ha riempito un vuoto che prima non c’era.Un vuoto che prima non c’era e ora chiede spazio, che mi ero già conquistato con un certo ingegno.Perché non sia più tornata non lo saprò mai e mi ha sfiorato anche l’idea di preparare una mappa d’indizi, in base a prove che sicuramente la sua abitudine a frequentare i miei spazi ha lasciato, uscire e scoprire che fine abbia fatto ma ho scelto di continuare a restare qui, lasciando la finestra della camera socchiusa e mantenere l’angolo di poesia lì, vicino a dove mi riposo per riprendere il disegno che avevo deciso di portare avanti, leggere, mangiare, bere, andare al cesso e dormire.

Qualche giorno fa, navigando su internet ho visto una foto di Anne Hathaway e non ho avuto dubbi.Era lei.Ne sono certo.E la finestra della camera è sempre semi chiusa.

Fa.Ro.

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Note:

(1) L’ombra dell’anima mia fugge in un tramonto di alfabeti, nebbia di libri e di parole. Il fiocco del dolore finisce, ma resta la ragione e la sostanza del mio vecchio mezzogiorno di labbra, del mio vecchio mezzogiorno di sguardi. Un torbido labirinto di stelle affumicate imprigiona le mie illusioni quasi appassite. ‘L’ombra dell’anima mia’ di Federico Garcia Lorca.

(2) è un genere di piante della famiglia delle Marantaceae. Il suo nome deriva dal botanico Bartolomeo Maranta. Comprende piante erbacee perenni, alte oltre i 50 cm, simili alla Calathea con radici tuberiformi, hanno foglie molto decorative, obovate, intere, vellutate, variegate e segnate da macchie più scure, dal disegno minuto e delicato, dalle sfumature porporine.

(3) Pianta brasiliana appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae. Ha foglie appuntite di colore verde scuro, leggermente spinose ai margini. I fiori, allungati, misurano 2-3 cm e appaiono di colore verde orlati di blu, ma hanno brattee rosa e sono riuniti a gruppi pendoli che arrivano a 10 centimetri. La fioritura è di lunga durata. La Bilbergia può sopportare per brevi periodi temperature piuttosto basse, ma si adatta molto bene anche alla coltivazione in appartamento.